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Nixtamal


Nixtamal, chi non trova affascinante questa parola? Viene dal nahuatl, lingua parlata già dagli Aztechi e tutt'ora diffusa in larga parte del Messico. Parole, quelle nahuatl, spesso riconoscibili per i loro suoni curiosi, come Tehuantepec, Huilotepec, Tlacolula (nomi di luoghi); molte delle quali entrate nel vocabolario spagnolo e da lì arrivate anche in Italia: sbaglio o in Piemonte le gomme da masticare si chiamano cicles? Che viaggio ha fatto questa parola prima di finire nelle bocche dei miei cugini di Cuneo? Viene da tzictli, il nome della resina dolce di un albero, che in spagnolo diventa chicle (la "ch" è morbida). Ma c'è bisogno di scomodare i Piemontesi? assolutamente no, perché c'è una parola che conosciamo, usiamo e che piace tanto a tutti: cioccolato. Viene ancora una volta dal nahuatl xocolatl (la "x" si legge "sh"), così come avocado, viene da ahuacatl.

Il suono "tl", presente in molti di questi vocaboli, ha un sapore esotico, in italiano è un nesso pressocché inesistente, mi viene in mente solo la parola Atlantico, la nostra lingua predilige piuttosto l'accostamento della "t" con la "r", per questo sentirlo pronunciare non può che dare l'idea di parole pronunciate da un cinese che parla italiano. E invece per sentirlo dobbiamo, sì, attraversare il mondo ma dall'altro lato.

Nixtamal significa "impasto cotto nella calce", il processo di nixtamalizzazione è tanto affascinante quanto la parola stessa che lo connota, ha più o meno 3500 anni e consente di sfruttare del mais tutte le proprietà nutritive, anzi ne aggiunge di nuove a quelle che già possiede. Capire come ci si sia arrivati è un'impresa da archeologi, probabilmente il caso ha voluto che materiale alcalino, come ad esempio pietre calcaree o gusci di conchiglie, si trovasse nello stesso recipiente di ammollo del mais e che ad un certo punto risultasse evidente il nesso tra calce e sfaldamento del pericarpo (la buccia che avvolge il grano), che anticamente era ben più coriaceo di adesso. Stabilito questo nesso si inizia probabilmente ad affinare un processo che non solo rende più facile pulire il mais dal suo involucro esterno, rendendolo più digeribile, ma ne potenzia le proprietà nutritive facendone un alimento quasi completo, che è arrivato ad occupare anche l'80% del fabbisogno calorico delle popolazioni mesoamericane. Un po' come da noi il frumento.

Quello che vedete in alto è del mais secco, una varietà abruzzese, non è certo quella diffusa in Messico, dai chicchi grandi e bianchi, ma è comunque utile al mio scopo: provare a fare il nixtamal. Tutte le varietà di mais si possono nixtamalizzare. Questo processo è indispensabile per poter ottenere un impasto che sia un minimo lavorabile; essendo infatti un cereale naturalmente privo di glutine, l'unico modo per poterlo impastare senza che si sfaldi tra le mani come la polenta è cuocerlo con la calce e macinarlo.

Qualcuno forse è già trasalito nel leggere le ultime parole e starà urlando: "nella calce? ma è tossica!!". Ebbene, sconsiglio a chiunque si volesse cimentare nell'esperimento di respirare a pieni polmoni, ma neanche a mezze boccate, l'eventuale polvere che si dovesse espandere nell'aria quando ne metterà una cucchiaiata nella pentola piena d'acqua, ma con un po' di accortezza si può evitare la nuvoletta di fumo bianco. Considerate che parliamo di un cucchiaio di calce per circa due litri d'acqua, quindi si diluisce parecchio, però sì, la calce è tossica e non va ingerita, una volta svolta la sua funzione verrà eliminata con un accurato risciacquo dei chicchi di mais. Ma prima di questo passaggio, bisogna lasciare che la soluzione alcalina penetri nel chicco e inneschi gli affascinanti e misteriosi processi chimici che ne cambieranno la struttura molecolare e consentiranno di dare vita a quel bene nazionale dal gusto e dalla consistenza altrimenti irriproducibili, che sono le tortillas (nonché i loro parenti stretti: tacos, quesadillas, enchiladas, nachos e totopos).

Provate a fare quello che vedete nella foto qui sopra con la semplice farina di mais e vedete che succede!

Cosa mi colpisce di tutto ciò? Come una sostanza potenzialmente tossica possa trasformare una materia prima, potenziandone il valore nutritivo, migliorandone la lavorabilità e neutralizzandone eventuali parassiti come funghi e muffe. Ma soprattutto mi affascina pensare a come si sia arrivati a combinare le due sostanze e a capire che era cosa buona e giusta. Mi sembra una scoperta rivoluzionaria tanto quanto la scoperta stessa dell'agricoltura e la domesticazione delle piante.

Ma torniamo al processo: ecco qui sotto l'aspetto che assume il cereale, quello abruzzese, dopo aver cotto nella soluzione alcalina: la buccia si scurisce e inizia a macerarsi.

Questo a livello macroscopico, mentre a livello micro la reazione chimica che si viene a generare aumenta la concentrazione di calcio, ferro e fosforo e "libera" riboflavina, niacina e triptofano sostanze che altrimenti resterebbero incapsulate in particelle solide che la semplice cottura non dissolverebbe. Per dirla in altre parole, sostanze nutritive che non sarebbero disponibili al nostro corpo, lo diventano grazie a questa lavorazione.

Quando gli spagnoli importarono la pianta, che ben si adattò al clima mediterraneo, tralasciarono di portarsi dietro anche la tecnica di preparazione; ed ecco che la mancata disponibilità della niacina dovuta a modalità di cottura diverse, portò alla diffusione della pellagra. Non precipitatevi a eliminare i pop corn dalla dispensa! La pellagra, malattia terribile che tra il XVIII e il XIX secolo colpì le popolazioni più povere d'Europa con dermatiti, dissenteria, demenza e anche morte, fu causata da una carenza, da denutrizione, non a caso si diffuse in periodi di carestia quando il mais era l'unico alimento consumato dalle classi sociali più povere. In mesoamerica dove si è sempre fatto largo uso di mais, anche in periodi di carenza di cibo, non si è mai verificato niente di paragonabile.

Tutto ciò ha anche un risvolto inquietante, se penso a tutti gli esperimenti che faccio in cucina con fermentazioni, lievitazioni ed estrazioni di sostanze, usando tecniche spesso prese da internet e applicate senza alcuna conoscenza di chimica e senza neanche una nonna che me le trasmetta come tradizione millenaria... insomma se un alimento si può migliorare, qualcosa mi dice che si può anche peggiorare...

Detto questo, non so bene se darvi la ricetta... vi fidate ancora? Ma sì, io la scrivo e vi spiego anche come procedere dopo l'ammollo e poi se c'è qualche folle curioso, che si palesi!

 

1 kg di mais secco (non quello per pop corn)

2,3 litri di acqua

un cucchiaio o due di calce (idrossido di calcio)

una buona macchina per macinare (tipo bimby)

tanta pazienza

 

Per il nixtamal bastano i primi tre passaggi, ma se vogliamo fare le tortillas dobbiamo armarci di pazienza e soprattutto di un macchinario che faccia le veci dei mulini "tradizionali" dove i chicchi di mais vengono portati a macinare*.

- Primo ostacolo da superare: "dove trovo il mais secco?", in effetti non è assolutamente facile trovarlo, io sono andata a cercarlo direttamente dal produttore, anzi dai produttori, la prima volta a Fiano Romano e la seconda volta mi sono rifornita da un'azienda agricola abruzzese a gestione familiare (Mascitelli) che distribuisce nei mercati bio di Roma. No, nei supermercati non si trova, c'è solo quello per fare i pop corn.

- secondo ostacolo da superare: la calce. Io me la sono riportata dal Messico, ma - ve lo dico? - lì l'ho comprata in un negozio di materiali edili, dunque credo che anche qui si possa trovare nei medesimi "stores".

Una volta che abbiamo i due ingredienti fondamentali procediamo con la pulizia del mais sotto acqua corrente e ad un primo ammollo di qualche ora a freddo. Risciacquiamo di nuovo e stavolta si parte: mettiamo il mais in una pentola grande e una quantità di acqua sufficiente a ricoprirlo abbondantemente, poco più del doppio del peso del mais, infine il cucchiaio di calce (io ne ho messo uno). Si porta ad ebollizione e si lascia bollire una mezz'ora, poi si spegne e si lascia riposare una notte. Il giorno dopo si sciacqua per bene e si elimina tutta la buccia, sfregando se necessario i chicchi (operazione lunghetta). Fatto anche questo, passiamo alla molitura e qui arriva il terzo ostacolo...dunque

- terzo ostacolo: molitura. Trovate qualcuno che abbia un bimby o qualcosa di altrettanto potente. Amiche, sorelle, mamme, zie, qualcuno tra familiari e amici di sicuro ce l'ha. Qui sarà difficile dire le quantità perché sono andata ad occhio. Mettete un po' per volta il mais nell'apparecchio aggiungendo poca acqua, frullate fino ad ottenere un impasto simile a quello per il pane, anche se molto più grezzo (se avessimo a disposizione un vero mulino sarebbe diverso). La pasta deve potersi lavorare allo stesso modo della farina di farro o di segale, farine con meno glutine rispetto a quella di frumento, ma che hanno comunque una certa tenuta.

Ormai siamo a cavallo, non resta che dare la forma alla nostra tortilla (vedi foto sopra) e metterla in una padella a cuocere - senza olio! - se avete un piatto di terracotta adatto al fuoco ancora meglio, se poi avete il forno... che ve lo dico a fare...

Perché tutto questo affanno? non certo per la niacina... semplicemente perché sono buone!

...e ancora una volta grazie Messico!

Fonti: su internet si trovano diverse informazioni, un articolo interessante in italiano è quello dell'agronomo Alberto Guidorzi "le vitamine nella storia e nella società", un'altra fonte a cui mi sono appoggiata è in spagnolo, si tratta di una tesi di dottorato in antropologia dal titolo "Caos-nixtamal: materia y energia de una técnica alimentaria mesoamericana" di Jorge Luis Méndez Martinez.

Le foto sono originali, mani e forno sono di Victorina, lei le tortillas le prepara abitualmente e con il mais ci fa di tutto, anche il latte.

*in realtà lo strumento tradizionale per macinare il nixtamal è il metate, una specie di mortaio in pietra, si vede bene in questo video in cui una donna indigena messicana schiaccia con un "pestello" un impasto rosso. Il metate ancora è utilizzato, ma il mulino elettrico, molto più veloce e decisamente meno faticoso, lo sta gradualmente rimpiazzando.

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